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Genga e le Grotte di Frasassi
FRASASSI, UNIVERSO SOMMERSO di Gianluca Torelli
Come si fa a visitare le “cascate del Niagara” senza attraversare l’oceano? La risposta si trova ad appena una sessantina di chilometri da Ancona, nell’entroterra dell’appennino marchigiano.
Vicino Genga, piccolo comune montano, si trovano le rinomate grotte di Frasassi. In realtà quello che si offre allo sguardo del visitatore ricorda solo vagamente e con molta fantasia l’impressionante muro d’acqua al confine tra Stati Uniti e Canada: tuttavia la maestosità di questa creazione della natura è la stessa, così come lo stesso è lo stupore e la meraviglia che si provano di fronte alla bellezza del luogo.
Le ricerche di possibili grotte nella zona sono iniziate nel mezzo secolo fa. Il gruppo speleologico di Ancona sospettava l’esistenza di vasti ambienti sotterranei, a causa della struttura esterna del terreno, della presenza di acqua in abbondanza e di un grande fenomeno carsico: fattori classici di sviluppo delle grotte.
La scoperta avviene dopo vent’anni di appassionanti ricerche e esplorazioni, quando un gruppo di persone si cala in un ambiente che sarà successivamente ribattezzato Abisso Ancona, una delle più grandi cavità del genere in Europa: più di 200 metri in altezza, 120 in larghezza e 180 in lunghezza. Uno spazio immenso che potrebbe contenere molti grandi edifici moderni. Enormi blocchi di pietra, franati dalle parti superiori sono adagiati lì in seguito ai crolli avvenuti nel corso del tempo.
Lo spettacolo creato nei millenni dal calcare depositatosi sulle rocce, a formare stalattiti e stalagmiti, lascia senza fiato. La fantasia dell’uomo ha pensato al resto, attribuendo loro nomi di oggetti e di animali, a seconda della forma. Ecco allora i Giganti e l’Obelisco, enormi stalagmiti alte fino a 15 metri; le Canne d’Organo, l’Albero Morto, una stalagmite con la parte superiore ramificata, proprio come un albero in inverno. E poi il Canyon. Impossibile dimenticare il Lago Cristallizzato, sul cui fondo si è depositato il cristallo di calcite il quale, emergendo, ha formato piccoli, stupendi scogli.
Chi vuole visitare le grotte può scegliere tra un percorso turistico attrezzato bello e affascinante e, per chi ha più tempo, percorsi speleologici organizzati dal Consorzio Frasassi, proprio per permettere la visione e l’accesso ad alcune aree solitamente non aperte al pubblico.
Qualunque sia l’opzione scelta, si rimarrà sicuramente soddisfatti della visita.
Una volta tornati alla luce del sole, non pensate di abbandonare il posto in fretta e furia. Ci sono altre ragioni per indugiare nel comune di Genga. La zona è infatti ricca di testimonianze del passato e di paesaggi naturali molto interessanti. Gli immediati dintorni della grotta meritano essi stessi una sosta. La splendida e selvaggia gola, delimitata dai monti Ginguno e Vallemontagna e lunga circa 3 chilometri, è attraversata dal fiume Sentino. La zona, insieme ad altre nei dintorni, fa parte di un parco regionale istituito nel 1997 e costituisce al momento, con i suoi mille ettari, la più grande area verde delle Marche. In queste gole strette e inaccessibili crescono piante difficili da trovare in altre zone. Qui vive e nidifica anche l’Aquila Reale e chi è fortunato può avere occasione di vederne una librarsi in cielo con la sua imponente apertura alare. Non mancano certo altri animali: volpi, lepri, civette e tassi sono alcune delle presenze più visibili all’interno dell’area. Sentieri e stradine si inoltrano nell’area e sono luogo ideale per lunghe passeggiate.
Numerose sono anche le testimonianze storiche. Conviene allora partire proprio da una grotta, quella denominata del Santuario, dove è stato eretto un tempio per volere di Papa Leone XII, su progetto del famoso architetto Valadier. In questo scenario gli abitanti di Genga realizzano ogni anno un suggestivo presepe vivente.
Un altro edificio religioso si innalza a Sud della gola che ospita le grotte: è la chiesa di San Vittore, del XI secolo, in puro stile romanico. Il complesso visse un periodo di splendore nel XIII secolo, quando aveva alle sue dipendenze una quarantina di chiese, beni e possedimenti nei comuni limitrofi, per poi decadere a partire dal XV secolo. La leggenda vuole che l’edificio sia sorto su un tempio pagano, ma le prove a sostegno di questa tesi sono quasi nulle.
Certo la presenza dei romani ha comunque lasciato il segno: ancora oggi è possibile ammirare, di fronte alla chiesa, il ponte di epoca romana sul Sentino e, a sua difesa, una torre gotica tronca. Sempre in epoca romana sorgeva nei dintorni una stazione termale, sostituita al giorno d’oggi da uno stabilimento specializzato in fangoterapie. I locali di un antico monastero benedettino, recentemente restaurati, ospiteranno il museo Speleocarsico, dove si potrà sapere qualcosa in più sui fenomeni che hanno dato origine alle suggestive grotte che si trovano in questa zona.
Ma le testimonianze storiche non sono certo finite. Su un colle ad Est si erge quel che rimane del Castello di Pierosara, probabilmente costruito prima del X secolo. Qualche anziano vi potrebbe raccontare la leggenda di Piero e Sara, un amore finito in tragedia, da cui prenderebbe il nome la rocca. A questo punto non rimane che salire sul poggio dove sorge il borgo di Genga, un tempo piccolo feudo locale, per fare un ultimo giro e per assaggiare qualche saporito piatto della gastronomia locale.
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